25 novembre 2010

La macchina morbida - William S. Burroughs

Un mondo intermedio fra l'organico e l'inorganico, dove la droga, ogni sorta di droga, costituisce il collante universale, e la paranoia, con la sua inclinazione a trovare in tutto, e in primo luogo nella mente dei singoli come della società, qualche perverso agente di controllo, costituisce la "lingua franca", l'unica in cui personaggi larvali sono in grado di intendersi.




Recensione

La macchina morbida è il primo capitolo della "Trilogia Nova", un complesso di romanzi scritti nella seconda metà degli anni Cinquanta. Proprio in quegli anni - in cui il viaggio dell'autore insieme all'amico Kerouac, dall'America all'Europa fino al Marocco verrà rielaborato nel celebre On the road - Burroughs scrive un manoscritto confuso ed amorfo, diario di viaggio e collezione di appunti e pensieri sparsi, che poi viene rielaborato nel romanzo Pasto nudo.

Questa premessa è fondamentale perché Pasto nudo non è altro che il prologo della "Trilogia Nova". Tutte le caratteristiche e le tematiche si ritrovano in La macchina morbida, a cominciare dalla tecnica del cut-up, vera e propria trasposizione letteraria del dadaismo (o almeno, di quello che Burroughs aveva conosciuto nel pittore (e poeta) Brion Gysin).

E' impossibile anche solo accennare alla trama di questo romanzo. E anche quando si riesce a scorgere un filo conduttore, la narrazione appare confusa ed incomprensibile: l'unico capitolo ad avere una narrazione vagamente lineare narra di un agente segreto che tramite pratiche porno-magiche drogate viaggia indietro nel tempo, giungendo nell'epoca dei Maya. Gli altri capitoli, che in realtà sarebbero dei racconti indipendenti, mancando effettivamente una trama centrale ed unitaria, sono fin troppo dilaniati dal cut-up per poter solo distinguere i personaggi in scena e ciò che accade.

Da questo punto di vista La macchina morbida appare l'esagerazione di Pasto nudo: sperimentata la tecnica del cut-up, Burroughs vi si abbandona completamente, scrivendo racconti disordinati, sgrammaticati, con un'ortografia talmente sconvolta da apparire, veramente, la descrizione di una pittura dadaista. Il giudizio trova conferma nello sviluppo delle tematiche: sesso spinto (molto più spinto ed esagerato che in Pasto nudo), droga, allucinazioni, disagio sociale, più una spruzzata di suggestioni vagamente fantascientifiche.

Se Pasto nudo è la raccolta disordinata dei pensieri e degli incubi di un tossicodipendente, La macchina morbida è di più, decisamente di più. Ad un primo sguardo, ma anche ad un secondo e ad un terzo!, il tutto appare una giustapposizione di frasi sconnesse. Ma scavando in profondità il senso comincia ad arrivare. E per fortuna, Burroughs è un autore clemente, che non manca mai di arricchire le sue opere di appendici e post-fazioni, luoghi ideali per spiegare l'inspiegabile. Il vero succo del romanzo sta nella prima delle tre appendici, una paginetta in cui Burroughs dice che cos'è la macchina morbida:

è il corpo umano sotto l'assedio continuo di un'immensa schiera di parassiti dai molti nomi ma con un'unica natura famelica e un unico intento: mangiare.
Ed ecco allora che scatta la scintilla della comprensione, ecco allora che le visioni di uomini mostruosi divorati da parassiti altrettanto mostruosi prende un senso.

Ma Burroughs va oltre: pur restando il tema centralissimo, il problema della droga diviene mezzo per sondare le profondità dell'inconscio umano. E se nei suoi racconti dipinge una vera e propria catabasi infernale allucinata, nell'appendice non manca di squarciare il velo fino a contestare apertamente la psicologia freudiana, puntando il dito sulla questione della "colpa" e rivelando che il "Super-Io" non è altro che una "invasione parassitaria" del cervello.

Dunque pare lecito chiedersi fino a che punto La macchina morbida possa esser considerato un romanzo da leggere, da amare o odiare, un romanzo che comunque farebbe riflettere. Al di là dell'intento extra-narrativo dell'autore, che si scorge soprattutto nelle appendici (oltre alla già ricordata ne sono riportate altre in cui Burroughs ripropone le sue personali esperienze di tossicodipendente e contesta alcuni metodi proposti dalla comunità scientifica americana del tempo), La macchina morbida appare un romanzo potente, distruttivo ma anche rivelatore, per la potenza delle sue visioni, surreali, apocalittiche, oniriche ed allucinate; ma anche distruttivo, per l'opera, appunto, di distruzione letteraria oltre che della realtà; e rivelatore, infine, rivelatore dell'altra faccia del mondo e dell'umanità.
E' questo che davvero fa. Scava, Burroughs scava dentro l'uomo, taglia la pelle, recide i nervi e va a fondo. E le sue visioni, che pure risultano rivoltanti e sconcertanti (specie nella continua e ossessiva presenza di pratiche sessuali finanche estremi e surreali!), finiscono col rivelarsi sorprendentemente liberatorie, necessarie e liberatorie.

Giudizio:

+4stelle+

Dettagli del libro

  • Titolo: La macchina morbida
  • Titolo originale: The Soft Machine
  • Autore: William S. Burroughs
  • Traduttore: K. Bagnoli
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 2003
  • Collana: Fabula
  • ISBN-13: 9788845917905
  • Pagine: 222
  • Formato - Prezzo: Tascabile - 15,00 Euro

1 Commenti:

  • 9 novembre 2011 alle ore 16:23
    Anonimo says:

    Capolavoro della Beat generation!

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