8 settembre 2010

Roger Federer come esperienza religiosa - David Foster Wallace

"Ci sono tre spiegazioni valide per l'ascesa di Federer. La prima ha a che vedere col mistero e la metafisica ed è, a mio avviso, la più vicina alla verità. Le altre sono più tecniche e funzionano meglio come giornalismo". Per l'edizione di Wimbledon 2006, il New York Times invia in Inghilterra un corrispondente d'eccezione, David Foster Wallace. La penna di uno dei più importanti scrittori americani degli ultimi decenni incrocia così la racchetta del campione svizzero Roger Federer, allora sul punto di aggiudicarsi - in una finale da sogno contro lo spagnolo Rafael Nadal - l'ottavo titolo del Grande Slam. Il risultato è un intensissimo saggio narrativo nel quale Wallace, avvalendosi anche di un passato da tennista, riesce a offrirci una brillante analisi del tennis contemporaneo e, soprattutto, la possibilità di partecipare a un'esperienza che ci fa scorgere il legame profondo tra la bellezza e la grazia di un fuoriclasse come Federer e le forze ultime dell'universo.

Recensione

Questo libro (questo articolo di giornale, fu scritto per il New York Times nel 2006, solo oggi ha preso forma accidentale di libro) dimostra non tanto che DFW sia il genio letterario della nostra epoca, la cometa stupefacente che illumina d'immenso molte esperienze di noi stessi - no, questo libro dimostra che scrivere è un mestiere che può trasformare la realtà che, ogni giorno, persino da dentro un televisore (condizione di telespettatori che accomuna tutti-e-dico-tutti gli appassionati di sport), ci rimbalza (è proprio il caso di usare questo termine) addosso.

Raccontare il tennista svizzero Federer passando per l'altissima qualità letteraria che DFW sapeva esprimere, è quella la vera "maledetta esperienza quasi religiosa" che sa trasformare la banale visione televisiva di un match di tennis in qualcosa che si avvicina (e accomuna gesto atletico e - almeno certa se non tutta - letteratura) alla bellezza.

Perché la cosa più impressionante è che DFW non sta gigioneggiando con la letteratura o col suo immenso talento ma entra letteralmente dentro il campo (egli è stato tennista di alto livello e conosce la materia tennistica quanto quella letteraria) e vi fa vedere tutto ciò che vi racconta: la lunghezza del campo, la profondità degli spazi dove vanno piazzati i colpi, la geometria dello spettatore (quella che rende capace chi guarda di imparare qual è la posizione migliore sugli spalti e cosa guardare e dove e cosa ascoltare tra i sibili della pallina e il sonoro dei colpi), la cinestetica della bellezza umana, un po' di storia dello sport, tecnologia costruttiva delle racchette, tecnica dei colpi, comparazioni tra epoche e modi di giocare differenti nella storia del tennis, memoria di partite precedenti, attenzione all'abbigliamento e alle sue simbologie, ecc. Ci sarebbe persino potuto essere (ma non c'è e ci sarebbe) la descrizione perfetta di come il sudore si formi, scorra lungo i muscoli e cada a terra (sull'erba di Wimbledon, in questo caso specifico)... DFW è, come sempre accade nei suoi libri o almeno nei suoi scritti più "saggistici", enciclopedia letteraria vivente o, meglio ancora, vissuta.

In una parola, penso si possa dire che lui abbia saputo rappresentare con la scrittura e con la profondità della sua capacità analitica molta parte delle nostre alienazioni quotidiane occidentali, trasformandole quasi in sublime materia (anzi, non "quasi" ma "senz'altro"), in un delizioso riassunto di quanto ci accade.

E come sappia raccontare l'amore, il proprio personale amore per uno sport ed un giocatore, in maniera così precisa, sistemica, con la chiarezza di uno schemino tratto a matita (quasi distrattamente su un tovagliolo di carta), lascia davvero senza parole. O, almeno, lascia senza parole me che, individualmente, non faccio più testo di chiunque altro. Però abbastanza da dire, con Nesi quando recensiva "La scopa del sistema": leggete questo libro.

Si rimane senza parole e anche, in parte, spaventati di fronte a questi brani (questo, come altri) che sembrano scritti d'un fiato (così come si leggono), di nuovo distrattamente, sembrano appunti. Invece,a guardar bene ci scopri il lavoro e la tecnica e il continuo lavorìo per giungere alla pressoché perfetta forma in cui ti si presentano. E per fortuna che il timore reverenziale si stempera nell'esercizio di lettore perché nessuno sarebbe capace di giocare a tennis e vi si avvicinerebbe, se solo valutasse da fuori campo la velocità con cui tutto accade; per fortuna allora, citando appunto Federer da una sua intervista, "quando sei in campo è tutta un'altra cosa, sai, perché vedi solo la palla, davvero, e non vedi la velocità della palla". Ecco, per fortuna noi vediamo solo il risultato di DFW e non vediamo quanta genialità-al-lavoro ci sia dietro ogni suo scritto. Vederlo troppo esplicitamente potrebbe annichilirci e farci desistere.

In ultimo, tra le cose da fare a margine, consiglio la lettura delle immancabili note di DFW come completamente staccate dal testo a cui si riferiscono: leggetele come raccontini indipendenti, come haiku occidentali ("Alcuni, come Nadal o Serena Williams, sembrano più supereroi dei fumetti che persone reali"), come microromanzi e troverete, ancora una volta, letteratura in purezza, una qualità di scrittura disarmante e la totale, vi sembrerà in quel momento, comprensione dei misteri del mondo.

Dettagli del libro

  • Titolo: Roger Federer come esperienza religiosa
  • Titolo originale: Roger Federer as Religious Experience
  • Autore: David Foster Wallace
  • Traduttore: Matteo Campagnoli
  • Editore: Casagrande
  • Data di Pubblicazione: 2010
  • Collana: Alfabeti
  • ISBN-13: 978-88-7713-602-2
  • Pagine: 57
  • Formato - Prezzo: Brossura - Euro 8,50

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