25 giugno 2009

Maigret e il barbone - Georges Simenon

«Un barbone era stato aggredito sotto il pont Marie e gettato nella Senna in piena, ma per miracolo se l’era cavata e il professor Magnin non riusciva a capacitarsi della sua rapida ripresa. «Era un delitto senza vittima, insomma, si sarebbe quasi potuto dire senza assassino, e nessuno si preoccupava del Dottore, tranne Léa la cicciona e, forse, due o tre barboni.
«Eppure Maigret dedicava a quel caso lo stesso tempo che avrebbe dedicato a un dramma da prima pagina. Sembrava ne facesse una questione personale, e dal modo in cui aveva appena annunciato il suo colloquio con Keller si sarebbe potuto credere che si trattava di qualcuno che lui e sua moglie desideravano incontrare da tempo».

Recensione

E' una strana "bestia" questo Simenon, indiscusso autore di culto planetario, sottile cesellatore dell'analisi psicologica del delitto e dei suoi protagonisti, il più alto cantore della moralità borghese nel romanzo poliziesco (eh, certo: non si tratta mica di un Bunuel!) e dell'assoluto immobile status quo di un certo mondo (la dolce signora Maigret, lungi da qualsiasi consapevolezza, è in pratica la colf del commissario), inciampa talvolta in storie che lasciano perlomeno una certa perplessità: è possibile che tutto scorra così immutabile, sotto l'autorevolezza di un immarcescibile perbenismo borghese? E' possibile che i dubbi del protagonista assoluto, il commissario Maigret, si palesino al massimo come sussulti di una coscienza lontana, ormai sopita?

Accanto a questo strano sentimento di inadeguato, quello che ha reso Maigret uno degli archetipi più famosi della letteratura gialla è quella sorta di grazia che sembra attraversare lui e le sue storie. Non una grazia divina o, peggio ancora, religiosa ma al contrario una grazia tutta umana, materiale, terrena che rende il personaggio e molte (non tutte) delle sue storie effettivamente indimenticabili.
Maigret e il barbone è una di queste, tra le meglio riuscite, dove Simenon utilizza la leggerezza del tocco non per un racconto superficiale ma per scendere un po' più in profondità e accompagnarci nel sondare il mondo con occhi meno ingenui, meno benevoli. La partecipazione emotiva di Maigret stesso alla vicenda è, almeno stavolta, un poco più sentita e si stacca dalla monotonia del tono per sfiorare persino un certo qual senso "politico" di alcune considerazioni; una (quasi) adesione alle istanze del mondo attorno che, a differenza di quanto vorrebbe comunicarci l'impassibile Simenon, cambia lotta si trasforma.

A differenza di altri giallisti che proprio in quegli anni facevano del poliziesco uno strumento di analisi della realtà (un esempio su tutti, la coppia svedese Sjowall-Wahloo), Simenon indugia sulla nostalgia dei bei tempi andati. Combattuto tra il vecchio (e il rispettabile ad ogni costo) che mai passa ed il nuovo che spaventa perché cambia, Simenon (e Maigret con lui) non ha dubbi: meglio una (dignitosa?) ritirata in campagna. O al massimo a pescare, a Meung-sur-Loire.

Dettagli del libro

  • Titolo: Maigret e il barbone
  • Titolo originale: Maigret et le clochard
  • Autore: Georges Simenon
  • Traduttore: Laura Frausin Guarino
  • Editore: Adelphi
  • Data di Pubblicazione: 2008
  • Collana: Gli Adelphi
  • ISBN-13: 9788845923418
  • Pagine: 142
  • Formato - Prezzo: Brossura - 9,00 Euro

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