8 giugno 2009

Gabriella Garofano e Cannella - Jorge Amado

“Questa storia d’amore iniziò nello stesso giorno, limpido, con sole primaverile, in cui il fazendeiro Jesuino Mendonça uccise a rivoltellate donna Sinhazinha Guedes Mendonça sua legittima sposa…”: così il preludio alla storia di Gabriella dal profumo di garofano e dal colore di cannella, mulatta sinuosa che non cammina ma balla, che non parla ma canta, e che è arrivata con tanti altri emigranti dall’interno del Sertão sul litorale, per non morire di fame. È arrivata a piedi, danzando sulla terra riarsa fino a Ilhéus per la gioia e la dannazione dell’arabo Nacib.
Selvatica e spontanea, incapace di tutto fuorché d’amare e cucinare, la scalza Gabriella assiste senza molto capire agli intrighi della cittadina, ai mutamenti sociali, all’evoluzione della mentalità, alle beghe che scoppiano tra i fazendeiros per la supremazia nel mercato del cacao.

Recensione

Quanto può cambiare in un anno, da una stagione delle piogge alla successiva, da un raccolto, abbondante, di cacao a quello dell’anno dopo, ancora più abbondante del precedente, la vita di una comunità cittadina? Tanto, addirittura moltissimo, racconta il magistrale affresco che Jorge Amado dipinge della vita di una turbolenta città del profondo nord brasiliano, Ilhéus. Soprattutto se questi cambiamenti assumono le forme sinuose e morbide, i profumi densi e forti di Gabriella, vero e proprio spirito elementale, dalla pelle ambrata come cannella e profumata di garofano, che arriva a sconvolgere la vita degli ilhéensi, con il suo sorriso, così fragoroso da svegliare anche i gatti!

Nello stile sincretico, come la storia e la cultura della regione di Bahìa, in cui si mescolano civiltà, razze, tradizioni, cibi, religioni di origini diverse, provenienti da una fusione armoniosa di elementi europei, africani e indios, l’autore costruisce un romanzo corale, che si snoda come una danza sfrenata e gioiosa, ballata al ritmo delle passioni e delle emozioni, che ha in Gabriella, cuoca provetta e amante impareggiabile, il suo centro di equilibrio e la sua scatenata coriféa.
Gabriella arriva in città fuggendo dalle carestie delle steppe nell’entroterra, affamata, incrostata di fango, come una gemma rara appena estratta da una miniera, e si infiltra silenziosamente in uno stile di vita sedimentato da tempo, che invoca il cambiamento. La lettura coinvolge come una samba nelle strade durante il carnevale di Rio, con i suoi colori sgargianti, i profumi dei fornelli e i ritmi quasi ipnotici della cadenza portoghese: solo alla fine ci si rende conto che si è assistito a un processo di analisi e trasformazione sociale e politica di notevole portata.

Condotti per mano dall’inebriante naturalezza di Gabriella vediamo come il mondo politico di Ilhéus sia attraversato dalla lotta tra i fazendeiros delle piantagioni di cacao, che avevano guidato la nascita della città conquistandosi con la violenza e lo spargimento di sangue le terre di questo far north latino-americano e insieme anche il diritto quasi ereditario di governare la vita e la morale cittadina, e una nuova classe sociale, quella degli esportatori del cacao coltivato dai colonnelli, la borghesia, nata dalla ricchezza prodotta da quelle stesse fertili terre, che rivendica sempre più a gran voce un ruolo attivo nella vita politica locale.

Personaggi dai nomi pirotecnici e dalle vite complicate intrecciano le loro vite, le loro passioni, i tradimenti e i delitti sulla piazza principale, dove si affacciano, come su un palcoscenico, il bar del siriano Nacib, il Club Progresso, luogo di ritrovo del partito riformista, e la finestra sul cui davanzale i seni della mulatta Gloria, amante di un fazendeiro, si offrono quotidianamente all’ammirazione dei maschi e alla riprovazione delle zitelle benpensanti. Proprio la morale tradizionalmente maschilista legata al mondo dei proprietari terrieri, ancorata alla superiorità dell’uomo sulla donna, troverà il punto di rottura nel delitto d’onore con cui il fazendeiro Jesuino Mendonça uccide la moglie Sinhazinha e l’amante, il borghese Osmundo, ben sapendo che la morale e la giustizia del luogo lo avrebbero giustificato e assolto.

Ma qualcosa avvia il cambiamento. Un esportatore venuto da Rio, Mundinho Mendes Falçao prende la guida dello sparuto gruppo di opposizione progressista e si candida nelle elezioni politiche contro il partito degli agrari, guidato dal reazionario don Ramiro Bastos; il terreno dello scontro – politico e generazionale – si allarga dal porto, che gli esportatori vorrebbero sistemato per i traffici commerciali, scontrandosi con l’indifferenza dei Bastos e trovando invece comprensione e appoggio in Mundinho, alle altre novità, alla scuola del paese, alla stampa, ai territori circostanti. Il conflitto è pronto a scoppiare riportando Ilhéus a un covo di briganti e assassini, come all’inizio dell’insediamento.

Ma la storia non si ripete, almeno non così pedissequamente. Proprio la vicenda di Gabriella, assunta dal gestore del bar Vesuvio, Nacib, come cuoca, e diventatane poi amante e infine sposa, fornisce alla comunità pettegola e impicciona il paradigma di una modernità che non si può più respingere né rimandare. La cuoca, di cui non si sa praticamente nulla, è un mistero della natura: tutti affascina, tutti intriga, tutti circuisce con i suoi sorrisi e i suoi manicaretti. La sua forza e la sua irrefrenabile gioia di vivere, priva di sovrastrutture, posta al di là di ogni morale tradizionale, non ammettono repliche: Gabriella non si può educare, non si può costringere a portare scarpe, begli abiti e gioielli, ad assumere i modi di una signora della buona società ilhéense (che del resto la respinge volentieri), come vorrebbe Nacib, roso dalla gelosia e dal senso di possesso maritale, dall’ansia di legarla a sé che gliela farà perdere.

Gabriella non si possiede, si può solo amare nella sua irrazionalità ammaliatrice, come personificazione di una forza ctonia, la divinità Yemanià, dea dell’amore e del mare nel pantheon degli Orixas bahiani, ed è lo stesso Nacib a riconoscerlo, regalandole, dopo il superamento della sofferenza per la loro separazione e la riconciliazione, un ciondolo a forma di sirenetta. Così dunque la cuoca Gabriella diventa il modello della trasformazione di Ilhéus, del superamento dei vecchi schemi moralistici. La sua accettazione in seno alla comunità permette in fin dei conti di trovare un equilibrio tra vecchio e nuovo; come per incanto il baratro delle lotte civili e politiche viene evitato, proprio alla vigilia delle elezioni; il passato è salvo proprio perché è passato, il futuro è radioso e promette a tutti una possibilità: il porto si costruirà, Mundinho assumerà la guida dello sviluppo con il consenso generale, Josuè e Gloria potranno amarsi quasi liberamente, Gabriella continuerà a riempire le vie con gli aromi della sua cucina e l’eco delle sue risate, e il cuore e il letto di Nacib con la sua presenza.

Amado riesce a evocare con grande verosimiglianza effetti sonori e olfattivi, sa tratteggiare schizzi caratteriali e scorci sociali con una facilità sorprendente: pare di sentirlo davvero, il profumo dei piatti imbanditi da Gabriella, di vederne le danze innocenti e sfrenate, di conoscere da sempre la vicina di casa Arminda, il presepe delle zitelle Dos Reis, i modi melliflui del puttaniere Tonico, i bassifondi del porto, i giochi circensi del negretto Tuìsca; pare quasi che nella musicale armonia del suo stile si possa trovare una forma di convivenza pacifica e tollerante, aperta e giocosa, tra mentalità e mondi solo in apparenza molto distanti tra loro.

Dettagli del libro

  • Titolo: Gabriella garofano e cannella
  • Titolo originale: Gabriela cravo e canela
  • Autore: Jorge Amado
  • Traduttore: G. Passeri
  • Editore: Einaudi
  • Data di Pubblicazione: 2005
  • Collana: Super ET
  • ISBN-13: 9788806127893
  • Pagine: 506
  • Formato - Prezzo: Brossura - 13,00 Euro

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